Sto in cucina, una canzone suona in sottofondo, mentre cucino alcune deliziose verdure e aspetto che la bella torta nel forno finisca di cuocere.  Allo stesso tempo mi chiedo quale cibo dovrei cucinare prima e quale più tardi, e quali combinazioni di spezie dovrei usare, e se dovrei anche cucinare un po’di riso …

E poi, nel bel mezzo di questo groviglio di pensieri e idee, la canzone in sottofondo attira la mia attenzione. Continuo a mescolare nel piatto con il cucchiaio di legno, ma la mia mente è ora focalizzata sul testo:

Riesci a sentire le voci silenziose?

Ogni essere vivente urla:

‘Non lasciarmi qui da solo!’

La tua vita fugace finirà in questo bellissimo mondo,

Ma tutto quello che vedo è luminoso, ma solo per un momento.

Quindi resta qui,

Resta

Smetto di fare quello che stavo facendo e suono di nuovo quella parte della canzone. Ancora insoddisfatto, la suono di nuovo dall’inizio alla fine, e poi l’ascolto altre due volte mentre nel frattempo cerco su Internet il nome di chi l’ha scritta.

Dico a me stesso che le parole di questo verso sono magiche! (mentre continuo a cercare su Internet): ” Tutti gli esseri viventi si sentono soli e gridano silenziosamente aiuto…” La frase mi commuove profondamente. Mi ricorda diverse persone che ho visto di recente – ora sento che devono aver gridato aiuto …

Anche la mia cara gatta, la mia amata gattina, quando è venuta a casa mia era così vulnerabile e sofferente. Era stata trattata così male. Ci sono voluti molti anni perché guarisse nonostante tutto l’amore che le ho dato e le cure prodigate

Mi torna in mente il filosofo Emmanuel Levinas:

Prima di qualsiasi particolare espressione, e sotto tutte le espressioni particolari che coprono e proteggono l’Altro con un volto o un’espressione, c’è nudità e miseria. In altre parole – esposizione estrema, incapacità di difendersi, vulnerabilità…”

Questo è così vero – anche in un viso felice, in un atteggiamento fiducioso, in un bel corpo, in una persona ricca. Proprio oggi ho letto un’intervista a un noto attore spagnolo che, pur essendo bello, ricco e pieno di talento, ha dichiarato di aver sempre provato una profonda tristezza e molti sensi di colpa oltre a sentirsi brutto e inutile. Non riesce ancora a capire come sua madre sia riuscita ad amare così tanto un mostro come lui.

Non è stato un grido disperato e straziante? Guardando dall’esterno, non l’avremmo mai indovinato! Sembrava così sicuro di sé, così felice e fortunato. Eppure, ha gridato aiuto.

Ma non voglio più parlare di altre persone. Non c’è qualcosa anche in me, che continua a gridare? Qualcosa che desidera distruggere l’universo, e romperlo finché non sanguina? Non c’è qualcosa anche in me che implora aiuto?

Quello di cui ho bisogno in questo preciso momento è distrarmi. L’argomento è troppo pesante e non voglio pensare a cose tristi. Mi ricordo che ci sono molti bei momenti nella vita, momenti felici di festa, di gioia, di bei ricordi! Ma la mia folle mente non mi obbedisce, e mi riporta alla canzone: “La tua vita fugace finirà in questo bellissimo mondo. Ma tutto quello che vedo è luminoso, ma solo per un momento”. E penso: Ci sono certamente momenti di felicità, di gioia, di celebrazione, ma questi sono proprio questo –  momenti

Ricordo ora una frase della mia infanzia, che mia madre mi ripeteva ogni volta che mi lamentavo (cosa che accadeva abbastanza spesso): “Devi essere grato di avere giocattoli. Altri bambini non hanno nemmeno da mangiare!” Forse è perché ho sentito questa frase così spesso che ora, anche nei momenti di felicità, la mia coscienza si risveglia e mi dice: “Ricordati che sei privilegiato – gli altri muoiono!”

Ed ecco all’improvviso sento che devo fare qualcosa per le sofferenze del mondo, e che quello che sto facendo non è sufficiente. Voglio piangere – troppi soffrono, c’è qualcosa che non va. Con un certo sforzo mi costringo a fermarmi. Faccio un respiro profondo. Mi calmo. Torno in cucina e continuo a girare nel piatto con il cucchiaio di legno. Con calma bevo un bicchiere d’acqua.

Ma la mia mente, una mente che mi fa scherzi, non si calma così facilmente. Mi riaffiora un’altra citazione di Levinas:

Ma, nella sua mortalità, il volto davanti a me mi chiama, mi chiama, mi implora, come se la morte che deve essere affrontata dall’Altro fosse un mio affare. La morte dell’altro uomo mi mette in discussione, come se, attraverso l’indifferenza che potrei mostrare in futuro, fossi un collaboratore della morte a cui l’Altro è esposto; e come se dovessi giustificarmi per la morte dell’Altro, e accompagnare l’Altro nella sua solitudine mortale“.

Levinas mi sta spezzando il cuore oggi. Cosa posso fare? Cosa vuole da me il volto implorante dell’altra persona?

Improvvisamente sento odore di bruciato! La torta nel forno! E mentre apro il forno e tiro fuori la torta, sollevato dal fatto che è ancora commestibile, la canzone giunge all’ ultimo verso:

Quindi resta qui, resta…”